Holy Spirit Universal Cloister

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Ci consacriamo al Santo Spirito,
che in ogni tempo e luogo
ispira
Giustizia e Compassione,
Generosità e
Discernimento,
Lealtà, Purezza e Pace

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We consecrate ourselves to the Holy Spirit,
which in every time and place
inspires
Justice & Compassion,
Generosity & Discernment,
Loyalty, Purity & Peace

                                                                                                                                                                                                   

                             La Riforma molteplice

Il significato reale di riforma non è, come vorrebbe qualcuno, quello di “anti-tradizione”, di modernizzazione a oltranza, ma indica piuttosto il ritorno alle fonti vive della fede, la liberazione delle escrescenze, dunque apertura di spazi ideali nella fedeltà alle origini, rigenerazione dei tessuti spirituali. Per taluni aspetti, riforma equivale a restaurazione.
In ambito cristiano ci sono state numerose “riforme”, non solo la più nota Riforma protestante (a sua volta, “riformata” – in direzione del primato dello Spirito – da varie correnti seicentesche, come i Quakers, i Philadelphians di Jane Leade, ecc., e in direzione di una razionale sobrietà dalla Ecclesia reformata minor dei discepoli di Fausto Socino).
C’era stata, prima, la Riforma spirituale del Medioevo, anch’essa frastagliata in vari orientamenti, da quello di Gioacchino da Fiore e dei suoi discepoli a quelli francescani, catari, ecc.
Ci sarebbe stata, poi, la Riforma cattolica, anche come reazione al Concilio Vaticano I e alle escrescenze gerarchico-dogmatiche della Chiesa Romana: da essa gemmarono il movimento pan-cristiano, base del vero ecumenismo (non di quello esteriore, piuttosto retorico e inconcludente, che va di moda oggi) e dell’apertura inter-religiosa, le Chiese Vetero-Cattoliche, la Chiesa Giurisdavidica (che a sua volta riprendeva il filone gioachimita) e la Chiesa Mariavita.
Infine, nel XX secolo (ma anticipata da movimenti ottocenteschi di vario tipo, tra i quali l’hindu-cristiano Navavidhan), prese forma – a partire dall’opera di figure quali Charles Loyson, Piero Martinetti e Aldo Capitini – una “Riforma religiosa” nel senso più lato, fondata su criteri etico-spirituali volti all’apertura, a una lettura religiosa delle discipline educative e scientifiche, al senso della “compresenza” dei morti e dei viventi. Di buon impatto, anche se di breve durata, fu in questa direzione il “Movimento di Religione” creato da Capitini nel 1946.
Il H.S.R.C. recupera elementi presenti in tutte queste esperienze. Essa data idealmente la propria nascita all’anno 1597, in memoria del martirio di Francesco Pucci (1543-1597), antesignano del più autentico universalismo.

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“Quando incontro una persona, e anche un semplice animale, non posso ammettere che poi quell’essere vivente se ne vada nel nulla, muoia e si spenga, prima o poi, come una fiamma. Mi vengono a dire che la realtà è fatta così, ma io non l’accetto. E se guardo meglio, trovo anche altre ragioni per non accettare la realtà così com’è ora, perché non posso approvare che la bestia più grande divori la bestia più piccola, che dappertutto la forza, la potenza, la prepotenza prevalgano: una realtà così fatta non merita di durare. È una realtà provvisoria, insufficiente, ed io mi apro ad una sua trasformazione profonda, ad una sua liberazione dal male nelle forme del peccato, del dolore, della morte. Questa è l’apertura religiosa fondamentale, e così alle persone, agli esseri che incontro, resto unito intimamente per sempre qualunque cosa loro accada, in una compresenza intima, di cui fanno parte anche i morti; i quali non sono né finiti né stanno a fare cose diverse da noi, ma sono uniti a noi, cooperanti, a fare il bene, i valori che facciamo, e che nessuno può vantarsi di fare da sé. Cosi anche chi è, per ora, sfinito, pallido, infermo, e pare che non faccia nulla di importante; anche chi è sfortunato, pazzo (per ora), è una presenza e un aiuto unito a tutti” 

(A. Capitini, Religione Aperta, introduzione)

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“E’ mia intuizione, che al fondo della misteriosa realtà da cui emergiamo, individui della specie umana, nella universale famiglia dei viventi, si agiti, fermenti, e si realizzi nel tempo, come una grande anima, la cui rivelazione traspare nel fondo delle coscienze umane come una misteriosa volontà di bene che si sforzi di manifestarsi e attuarsi nelle nostre personalità ….  Ad essa noi osiamo di attribuire la qualifica più alta dell’essere a noi nota: quella dell’amore disinteressato, sublime, materno e paterno: dell’amore che soffre, del dolore che ama; abbandonandoci alla speranza che la nostra missione nel tempo sia quella di irradiare amore e bontà … pur nella crisi suprema che chiamiamo “morte”. Questa intuizione mi conforta….” (dal testamento di Giovanni Pioli)

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CHIESA RESTAURATA DELLO SPIRITO SANTO


“Hail, O cross! …. thou art planted in the world to establish the things that are unstable / and the upper part of thee stretcheth up toward heaven that thou mayest signify the heavenly Word, head of all things / and the middle part of thee is spread out to the right hand and the left that it may put to flight the envious and adverse power of the evil one / and gather into one the things that are scattered abroad / And your foot is planted in the earth, securely set in the depth / that thou mayest join the beings that are in the earth and that are under the earth / unto the heavenly beings”
(from the “Acts of Andrew”, II-III century a.C.)

“Salve, o Croce! …Tu sei piantata nel mondo per rendere saldo ciò che è instabile/ Il tuo capo s’innalza verso il Cielo a indicare il Verbo celeste, capo di tutte le cose/ Le tue parti mediane si stendono in fuori, come mani, a destra e a sinistra/ per fugare la potenza gelosa e nemica del Maligno/ affinché tu possa raccogliere nell’unità/ quelli che sono dispersi ovunque / Il tuo piede è fissato nella terra, conficcato in profondità/ perché tu possa sollevare quanti sono sulla terra e sotto di essa /…per unirli a quanti sono in Cielo” (dagli “Atti di Andrea”, II-III sec. d.C.)

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PER UNA COMUNITA’ DI SINGOLI 

Praying_Hands_-_Albrecht_DurerSiate monaci!”  scrisse Charles Loyson in modo paradossale – dato che credeva, e noi con lui, nell’importanza religiosa della famiglia e della società – rivolgendosi a tutti i cercatori spirituali, e Søren Kierkegaard parla del “singolo” come dell’interlocutore ultimo, autentico, di Dio. L’uno e l’altro echeggiavano – senza saperlo – il logion 54 del Vangelo apocrifo di Tommaso, in cui Gesù dice: “Beati voi, solitari (…), perché troverete il Regno”. Questa singolarità dell’uomo è la garanzia di un rapporto personale con Dio. La libertà tende al volo, simbolo dell’Altissimo (ʿĒl ʿElyōn). Ed è un riparo dalle brutture “orizzontali”, mondane, inestirpabili da parte umana, poiché la natura tutta porta i segni indelebili di una “caduta”. Solo la pura e semplice unione di singoli è permeabile agli influssi divini. Quando le Chiese danno il primato a criteri territoriali o strutturali sono destinate, come la storia dimostra, alla degenerazione. La Chiesa è tale in quanto libera convergenza dei singoli verso l’Altissimo. Ma la sua libertà è quella dello Spirito. Non ha nulla a che fare con la licenza del peccato, anzi, ne è il contrario. Ed è una libertà che deriva dalla e tende alla Verità suprema (tendere è chiave appropriata a una fede esistenziale, perché l’esistere stesso – che significa “sporgere” dall’essere – si risolve in tensione), dunque non è “centrifuga”. Come affermò W.G. Bannister, moderatore del Sinodo Rimostrante dell’Ulster nel 1892: “Ricordate: la libertà, per quanto preziosa, è in sé solo una negazione. E’ semplicemente la rimozione degli ostacoli alla ricerca della verità. Ma una domanda di gran lunga più importante è: che verità avete trovato, quando avete avuto la libertà?….”.
Sulla linea del Cristianesimo spirituale e universalista di ogni epoca, la nostra piccola unità claustrale (“…dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, Mt. 18, 20) ascolta e diffonde il messaggio della salvezza di tutte le creature e della resurrezione in Cristo, svolgendo opera costante di invocazione del Santo Spirito – “Veni, Sancte Spiritus” – per la comunione con il Dio Vivente. La discesa del Santo Spirito nella preghiera, nella ricerca e nel lavoro è, per l’uomo, l’unica possibilità di “scienza sacra”. Tutto il resto (tecniche, “poteri”, ecc.) è vanità, follia, inganno o diabolica arroganza. Loyson auspicava l’alleanza tra fede e scienza, ambedue provenienti da Dio, ambedue a Lui riportanti: oggi che la fisica trapassa nella metafisica, tremore, umiltà, meraviglia, senso di gloria davanti all’infinito e all’eterno – e a Dio, di cui sono, per così dire, le coordinate – non possono che accrescersi.
Credendo che il Santo Spirito:
a) è la chiave dell’esperienza interiore del Dio Vivente in questa età
b) deve incarnarsi nel Diritto, cioè nella Legge
c) parla attraverso l’Evangelo Eterno che include ogni verità spirituale,
ci apriamo con fede al Regno di Dio che viene.

La tradizione johannita

L’apostolo Giovanni è per tradizione il “patriarca” della Chiesa spirituale. Questo – come traslazione del mandato di essere “figlio” di Maria, manifestazione della saggezza divina (Sophia) (Gv. 19, 27) – è il “grande officio” cantato da Dante: Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro pellicano, e questi fue di su la croce al grande officio eletto» (Par. XXV, 114).

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PERCHE’ CLAUSTRO?

Può sembrare strano il fatto che, dopo avere celebrato l’apertura religiosa, la visione universalista, ecc., noi abbiamo scelto il nome di “claustro” per definire la nostra unità ecclesiale minima: l’istanza claustrale sembra piuttosto indicare chiusura…
In realtà un chiostro, simbolicamente, è aperto verso l’alto, ma sigillato(o fortificato) contro le prevaricazioni, le aggressioni, le malevolenze, le vanità. Il claustrum sta innanzitutto nell’anima.
Come avveniva nella città federiciana di Altamura, il claustrum è anche luogo connotato (per ragioni etniche, religiose, ecc.), spazio comune, dimora, identità.
Per noi, sta a indicare anche la piccolezza di chi anela al Regno di Dio, la necessità di protezione divina.
Era un claustro anche il tronco in cui si decise a vivere , nella bella e selvaggia Garfagnana, il leggendario Santo Pellegrino (VI-VII sec.).
Un tronco sventrato, dal quale però egli usciva e curava uomini e animali. Così è pure la chiesa (comunità) spirituale di Dio: sacre solitudini che si associano e si svolgono in sollecitudine per la creazione gemente.

Pellegrino cura gli animali

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Il Cristo tra umanità, cosmo e divinità. 

Quanto accadde in quel tempo in Palestina – il passare di Gesù (“Siate viandanti“, Vangelo di Tommaso, 42), le sue parabole e le sue sante minacce, gli atti di guarigione, la sua morte e il suo enigmatico risorgere – innestò nel mondo un impulso inarrestabile verso il Bene, il principio di una reintegrazione che il “vecchio uomo” non riusciva a vedere. “Quando il Riparatore si recò a Betania per resuscitarvi il fratello di Marta e Maria…. allorché essendo vicino alla tomba disse ad alta voce: Lazzaro, alzati!, è a te, anima umana, che indirizzava la sua parola, più che a quel cadavere” (Louis-Claude de Saint-Martin, Le Nouvel Homme, 13).
La potenza trascendente che Lo animava – anche nel quadro in apparenza conclusivo della Sua passione e della Sua morte in croce, dunque nella vulnerabilità più evidente – destava energie sopite, rigenerava le fibre dell’umanità e apriva varchi nuovi e imprevedibili verso l’Oltre. Come ciò avvenisse resta un mistero. Dopo la sua morte i discepoli, e i loro seguaci, si applicarono a tradurre in idee e azioni quel carisma, sul quale da subito si differenziarono e si divisero, forse non accorgendosi – a causa degli influssi separativi dell’Avversario – che avrebbero potuto integrarsi e illustrarlo ancor meglio proprio in virtù della varietà dei tratti individuati ed evidenziati. Fin dall’inizio vi fu chi, come gli ebioniti e i nazareni fedeli allo spirito ebraico, rimarcava l’aspetto profetico e messianico ma sostanzialmente umano di Gesù, e chi invece percepiva l’Oltre manifesto in Lui, per cui il Maestro assumeva le sembianze di una entità partecipe della Creazione stessa e la sua manifestazione umana veniva translata in quella del Verbo creatore e illuminatore, secondo una lettura ontologica ad personam del Prologo giovanneo. Valentino e i suoi costruirono perfino una elaborata saga spirituale del cosmo intorno al Christos eone, che doveva salvare Sophia (la saggezza) decaduta. Poi venne il tema della grazia: vi fu chi, come Agostino, credeva nella impossibilità per l’uomo di accedere al Cielo se non per grazia di Dio (idea che lo avrà confortato poi, dati i tragici errori che egli introdusse nel Cristianesimo), e chi come Pelagio era convinto della possibilità, che diventa dovere, di una cooperazione dell’uomo con Dio nel bene. Tante sfumature, una miriade di distinguo, spesso secondari o capziosi, ma altrettanto spesso utili a cogliere meglio i molteplici significati sgorgati da quella Presenza. C’era chi, vedendo il Dio Vivente all’opera in Cristo, giunse tout court a identificarLi, e chi come Ario tendeva verso un “Christos-angelos”, non solo in quantobarristero2 messaggero di Dio, ma come entità intermedia tra uomo e Dio. E così fu nei secoli, in un un crescendo di frizioni che degenerarono in persecuzioni e lotte (tra partiti ortodossi ed “eresie”, ma anche tra l’un partito ortodosso e l’altro, e tra l’una e l’altra “eresia”): tuttavia, è un dato di fatto che nessuna fede nel mondo ha gemmato tante diverse visioni – ricordiamolo: anche complementari, più spesso di quanto si sia voluto ammettere  – come quella cristiana, con una ricchezza di riflessioni, immagini, ecc. che è un tesoro inestimabile e uno stimolo per nuove acquisizioni sulla via verso Cristo, come spiega Kurt Guggisberg in Der Freie Protestantismus. E non si tratta, sia chiaro, di un pensiero relativista, bensì di un pensiero organico, che è precisamente l’opposto. Le differenze teologiche si risolvono spesso in ritratti di “facce” del divino: così l’idea trinitaria – come visione del modello fondante la “circolazione” dell’amore e dell’intelletto infra-divini – riempie l’anima di stupore e dynamis; quella unitaria, nella sua sobrietà rigorosa, capta il riflesso dell’Assoluto e dona all’anima stabilità assiale. Di fluente pienezza è l’ “unità plurale” di Dio (anche rivisitata alla luce di una filosofia dell’esistenza, come avviene in Tillich e in Moltmann), ma altrettanto sublimi sono le parole del teologo unitariano Martineau, nei suoi Essays, sull’Incarnazione universale e sulla qualità umana “come organo suscettibile del Divino”. Sì, nello spirito pan-cristiano, proprio dell’Universalismo Restaurato, tutte le visioni oneste e devote del Cristo sono benvenute. Anche quelle trans-cristiane: ad esempio mazdeo-cristiane, indù-cristiane, buddhiste-cristiane ecc., che dall’antico manichaeismManicheismo al Navavidhan, passando attraverso l’Accademia di Marsilio Ficino e i “platonici di Cambridge”, sono fiorite nel tempo facendo sì che il granello di senape degli inizi diventasse anche in questo senso un grande albero frondoso, capace di accogliere innumerevoli forme di bios spirituale centrate nel Cristo-Logos, che Zarathushtra proclamò nelle Gatha come “Asha” e l’evangelista Giovanni celebrò in quella scultura spirituale che è il suo Prologo: “In principio era la Parola….” (Gv. 1,1). Noi immaginiamo e sentiamo che quella Parola agente – redentrice e perciò elevante, riconciliatrice e perciò unificante – è all’opera nell’immenso Cosmo, che dal villaggio di Bethlehem lo Spirito rivelato in Gesù si espande fino alle estremità della Croce Universale per abbracciare la sfera dell’essere e restituire ogni creatura a quella perfezione (Mt. 5, 48) con la quale e per la quale fu concepita dal Padre.
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“Sposo della mia anima, per il quale essa ha concepito il santo desiderio della saggezza, vieni ad aiutarmi Tu stesso a dar nascita a questo figlio benamato che io non potrò mai prediligere abbastanza. Dacché egli avrà visto la luce, immergilo nelle acque pure del battesimo del Tuo spirito vivificante, affinché sia iscritto nel libro della vita e annoverato  per sempre tra i fedeli membri della Chiesa dell’Altissimo. Come una tenera madre, fino a che i suoi deboli arti abbiano la forza di sostenerlo, prendilo tra le Tue braccia, e preservalo da tutto ciò che potrebbe nuocergli…” Louis-Claude de Saint-Martin (Dieci Preghiere, III)

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